Editoriale de Il Mese

Il Continente Umano

Il 10 dicembre del 2017, il primo ministro iracheno Haider al-Abadi dichiarò al mondo la “fine della guerra nei confronti dell’Isis”. Per combinazione la notizia arrivò mentre stavo scrivendo qualcosa a proposito di uno dei quattro film che, qualche settimana prima, avevo scelto per la nuova edizione de Il Mese del Documentario, Nowhere to Hide di Zaradasht Ahmed.
Nowhere to Hide racconta la storia dell’infermiere Nori Sharif, che ha trascorso cinque anni della propria vita nel “Triangolo della Morte”, resistendo in un’area dell’Iraq considerata tra le più pericolose del mondo.
Non so se quella domenica di dicembre, in Iraq, sia davvero finita la guerra nei confronti dell’Isis, ma so che di quella guerra rimarranno le storie di donne e di uomini come Nori Sharif, che hanno combattuto con tutto quello che avevano. Rimarrà la loro umanità.

La quinta edizione de Il Mese del Documentario offre in esclusiva la visione di quattro film, di cui due di produzione italiana e due internazionale. Quattro film a mio avviso importanti che raccontano anche un certo cinema contemporaneo, i suoi autori, i suoi stili, i suoi riti. La sua debolezza. Sì, il suo essere debole. Un cinema che si avvera, imprevisto, e incerto, è un cinema che non asserisce, fatto di svanimenti e apparizioni.
La nuova edizione de Il Mese del Documentario, oltre ai film che concorrono al premio del pubblico, propone due masterclass assai speciali, dedicate al racconto e all’analisi dei processi creativi del cinema contemporaneo, quando concepito come portato di esperienze umane.
Un cinema che dico debole per esaltarne la forza, e che talvolta evoca il cinema esemplare. Nel cronachismo di un eterno presente, esso ci riconsegna il tempo delle storie del mondo. Non esiste un solo cinema documentario. Non esiste un solo stile, un solo metodo.
La quinta edizione del Mese del Documentario offre forme e contenuti diversi a pubblici diversi e in divenire, come più volte abbiamo affermato. Pubblici che trovano nei temi e nei processi di creazione del cinema documentario contemporaneo una potente forza generatrice di idee e visioni.
La principale missione de Il Mese del Documentario è stimolare la crescita di una nuova comunità. Operare insieme alle strutture già esistenti, offrire argomenti, parole, sincronia nel lavoro d’insieme, e svelare l’esistenza di tanti villaggi quante sono le sale cinematografiche dei nostri territori.

In quel giorno di dicembre, ripensando al volto di Nori Sharif, alla sua famiglia, alla sua fuga e al suo ritorno in Iraq, e ripensando alle immagini di tutti i film di questa quinta edizione de Il Mese del Documentario, alle frontiere aperte di queste immagini, al movimento che esse producono, alla storia e alla forma di ognuna, in quel giorno mi pare che nacque in me la convinzione che sia l’unico continente rimasto, il Continente Umano.

Buona visione a tutti.
Pinangelo Marino
Direttore Artistico de Il Mese del Documentario

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